Di Riccardo Magrini
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SOMMARIO: In vent’anni di vita l’ASDEC ha cambiato una mentalità, insegnando a considerare una barca come un bene culturale da difendere, qualunque essa sia, grande o piccola,
da diporto o da lavoro, a remi, a vela o a motore.
Vent’anni fa una barca degli anni ’50 era considerata una barca vecchia, da cambiare o da buttare, e il suo proprietario era guardato dai vicini di banchina con una certa disapprovazione, per usare un eufemismo. Oggi una barca che ha più di un quarto di secolo di vita è una barca d’epoca e il suo proprietario è guardato con ammirazione e invidia.
Una vera e propria rivoluzione culturale che è stata messa in moto dalla nascita di un’associazione, l’ASDEC. (Associazione Scafi d’Epoca e Classici), che proprio vent’anni fa muoveva i primi passi. La nascita dell’ASDEC. è entrata ormai a far parte degli aneddoti della nautica. Riccardo Notarbartolo di Villarosa, benemerito fondatore ed ex direttore della nostra apprezzata rivista, racconta di aver avuto l’idea di dar vita a un’associazione del genere per procurare nuovi lettori al giornale che allora dirigeva (Yacht Digest). Villarosa è un uomo brillante, ricco di cultura marinara, di idee, ma anche amante del paradosso. Le sue dichiarazioni vanno quindi prese con una certa prudenza. Non è tanto importante però valutare la veridicità della sua affermazione, quanto constatare che l’ASDEC., vuoi che sia nata per vile interesse, vuoi per puro amore, si è data una missione che oggi, dopo vent’anni di attività va giudicata perfettamente riuscita.
La missione era quella di insegnare che una barca non è un oggetto di lavoro o di divertimento, ma un’opera di artigianato frutto di tradizioni e conoscenze che fanno parte del bagaglio storico e culturale di un popolo e come tali andavano salvate, difese e possibilmente tramandate.
Su questa strada, in realtà, si era già avviata cinque anni prima l’A.I.V.E. (Associazione Italiana Vele d’Epoca), la prima associazione ad occuparsi di barche d’epoca, ma si trattava soltanto di barche a vela e oltretutto di una certa importanza come stazza. L’ASDEC. invece ha saputo accogliere tra le sue braccia le barche più piccole, quelle meno appariscenti ma ugualmente importanti sul piano della tradizione e, oltretutto, senza alcuna distinzione di tipologia. Tutte le barche, con almeno 25 anni sulle spalle erano meritevoli di attenzione, fossero esse a vela, a remi o a motore. Questo ecumenismo ha fatto la fortuna dell’associazione in termini di adesioni e di risultati. Il presidente Gianalberto Zanoletti sottolinea che il successo della sua associazione lo misura in termini di numero di barche salvate dall’oblio e dalla distruzione. Quante barche, proprio per il desiderio di partecipare alla vita associativa dell’ASDEC., sono state riesumate dal fondo di dimenticati capannoni per essere restaurate e presentate ai raduni?
Oltre all’azione promozionale, il primo passo di concreta importanza è stato l’elaborazione di un sistema di certificazione delle barche - dovuto a uno dei soci fondatori, l’architetto Piero Maria Gibellini – che è stato in seguito adottato da alcuni musei, soprattutto del Nord Europa, per valutare il valore storico di un’imbarcazione e determinarne quindi la priorità nei lavori di restauro. I criteri di certificazione tengono presente la storia di una barca, la sua importanza, l’estetica, la manutenzione e il restauro. Ognuno di questi parametri, assai articolato, assegna un punteggio che, sommato agli altri, dà un totale complessivo che diventa il rating della barca. Un rating che, applicato alle barche a vela, si traduce in abbuono di secondi da conteggiare nei tempi di regata. Una soluzione, questa, studiata e applicata ultimamente, che alla prova pratica si sta rivelando assai valida. Contribuisce, oltretutto, alla conservazione dell’originalità della barca, perché meno modifiche si fanno, più punteggio si prende e più secondi di abbuono si ricevono. Tra i servizi che l’ASDEC offre ai suoi soci, fondamentale è quello di assistenza al restauro. È stato redatto un Vademecum dell'armatore per aiutarlo a compiere i “passi giusti nella direzione giusta”. E a completamento di quest’opera, i “saggi” dell’ASDEC hanno compilato un elenco di cantieri che l’Associazione, dopo averli valutati, “raccomanda” per un buon e onesto restauro.
Ultimamente l’ASDEC si è associata all’ASI (Automotoclub Storico Italiano) che ha aperto una sezione motonautica e ha rinvigorito i rapporti con la FIM (Federazione Italiana Motonautica) e tramite essa con la UIM (Union International Motonautique) in previsione di future manifestazioni a carattere internazionale. Lasciando la parola ai numeri, questi ci dicono che l’ASDEC conta su 150 soci con 190 barche certificate, delle quali 157 a motore e 33 a vela. L’ASDEC tiene anche aggiornato un Registro Storico nel quale vengono registrate tutte le barche iscritte all’associazione, che sono ovviamente un numero maggiore di quelle certificate. In conclusione, vent’anni spesi bene a coltivare e diffondere una passione che attrae e che diverte.